Cinquecento aziende creano il biodistretto dei cibi rari e naturali

Daniele Prato
C’è chi ha messo da parte una laurea in Geologia per produrre miele e confetture come Michela Rosato, 42 anni di Torino, che a Ciglione di Ponzone, da 14, guida un’azienda agricola che porta il suo nome, con 12 arnie e 38 pecore delle Langhe: «Il prossimo passo sarà aprire un’agripasticceria, con dolci fatti di frutta e farina biologica». E c’è chi, come Lorenzo Cossa di Strevi, 21 anni, ha capito subito che la strada del serramentista non faceva per lui. «A gennaio ho aperto la mia azienda, 3,5 ettari di frutteto e orto e, a breve, pianterò lo zafferano». Tutto con procedimenti naturali: «Non uso prodotti. Le erbacce si tolgono con la zappa, le formiche con un infuso di ortica ed edera».

È su persone come loro che l’Acquese, ora, scommette il proprio futuro. Che ha già un nome: biodistretto Suol d’Aleramo. Raggruppa 20 Comuni (Bistagno, Cartosio, Cassinelle, Castelletto d’Erro, Cavatore, Denice, Grognardo, Malvicino, Melazzo, Merana, Molare, Montechiaro, Morbello, Pareto, Ponti, Ponzone, Prasco, Spigno, Terzo, Visone) che da oltre un anno lavorano per riuscire a far spiccare il volo al territorio puntando sull’agricoltura biologica. Sia quella delle aziende già certificate che quella di realtà che, ancora in attesa del riconoscimento, lavorano rispettando i principi bio. In tutto, 500 realtà. Ieri, al Grand Hotel Nuove Terme di Acqui, si è fatto per la prima volta il punto. «Quello del biologico è un settore che ha raggiunto i 2,4 miliardi di fatturato in Italia, con crescite del 12-13 per cento – dice il perito agrario Ezio Roveta -. In questa zona la produzione ha mantenuto una sua integrità: l’obiettivo è valorizzarne le peculiarità, costruendo un percorso trasversale di crescita di tutto il territorio, in termini anche occupazionali e turistici». Parecchio lavoro è stato fatto, ad esempio per valorizzare il vitigno Albarossa, che a Bistagno coltivano in 5, tra cui Diego Balbo e Massimo Spagarino, che 15 anni fa è stato nel gruppo che l’ha riscoperto. Si punta anche sul filetto baciato, un’armonia tra filetto di maiale e salame a grana grossa che producono in 3, a Ponzone, come il salumificio Cima: «Il distretto bio? Un’ottima opportunità» dice Monica Benzi. Per il filetto l’idea è realizzare qui, in loco, tutta la filiera, a partire dall’allevamento dei maiali allo stato semibrado, grazie al giovane Lorenzo Boraso. Ma che si sia sulla strada giusta lo dimostra l’infilata di produttori sotto i portici del Grand Hotel: Gianfedele Franzese, della San Lorenzo Arbiola di Caldasio, che produce formaggi da 250 capre, Patrizia Piccini che, col marito Fabrizio Garbarino al «Bosco degli equidi» coltiva piccoli frutti da trasformare in conserve e marmellate. E poi il miele dorato di Piera Pedrocchi della «Terra di mezzo» di Ciglione, i baci di dama quadrati della pasticceria Malò di Ponzone, le conserve di Elena Penna, azienda Mael di Sessame, che già fa squadra con Lorenzo Cossa e la fidanzata di lui, Lara, titolare del b&b «A modo mio». «Insieme faremo una cooperativa». La prima l’ha già lanciata il neonato biodistretto. Si chiama «Terre di incontro» e raggruppa tecnici, professionisti e agricoltori.

LaStampa

Potrebbero interessarti